Un elemento di notevole valore, nella Tradizione bizantina, sono sempre state le icone, che rappresentano immagini e scene di vita religiosa e sono dipinte su legno; oltre al valore artistico, le icone rappresentano documenti di interesse storico, teologico e filosofico.
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L'icone è per i fedeli orientali Anàmnesi (ricordo‑richiamo), è Kèrisma (annuncio‑catechesi), è Theoria (contemplazione‑preghiera), è richiamo alla Tradizione, è annuncio‑dichiarazione di una presenza, è contemplazione‑coinvolgimento vitale per un cammino di speranza. A Mezzojuso ben quattro chiese hanno l'iconostasi. In seno alla Tradizione orientale, la trasformazione, dentro la chiesa, del recinto del coro basso e aperto (templon) in muro di iconi o iconostasi isolante il Vima (bema), comincia verso il sec. XI e si diffonde a partire dal XII sec. Tra le colonne del Vima, vengono poste le icone.
Il segno caratteristico essenziale della pittura bizantina è la profondità, è in primissimo luogo agiografia, è arte al servizio della Chiesa, un'arte di diaconia spirituale.
Il grande difensore delle icone durante il primo periodo della crisi iconoclastica, Giovanni Damasceno, denomina le icone "libri degli illetterati". La forza singolare ed insostituibile dell'icona parlerebbe direttamente alle anime dei fedeli, ancora più dell'annunzio e del rimanente insegnamento della Chiesa, come sottolineava anche Gregorio di Nissa, che scrive: "Pittura silenziosa su parete parla di più e dice cose più utili" .
Mezzojuso, che fa capo all'Eparchia di Piana degli Albanesi, conserva un enorme patrimonio di icone, alcune portate dall'Oriente, altre fatte venire dalla Grecia, altre dipinte in Sicilia.
Alcuni affermano che la maggior parte delle icone di Mezzojuso sono di Creta o della scuola cosiddetta cretese. La scuola cretese, dopo la caduta di Costantinopoli, è quella che rappresenta il meglio della pittura iconografica; le altre grandi maestranze costantinopolitane sono passate dalla Grecia a Creta e fino alla fine del '600 il meglio delle icone greche sono di produzione dell'isola di Creta. Fra tutti gli artisti‑rivelazione che hanno operato a Mezzojuso, basta accennare a Ioannichios.
L'importanza di Ioannichios non si esaurisce nel fascino e nella eccellenza delle sue opere. E' la coerenza di una "Biografia artistica" che lo rende significativo per la documentazione dell'arte.
Grazie al delinearsi di questo eccezionale "cursus", possiamo ritenere la Sicilia nord‑occidentale, ovvero la Provincia di Palermo in particolare, luogo non solo di attrazione ma anche di prodozione di icone greche di puro stile cretese. Più o meno contemporanei di Ioannichios sono due altri eccezionali iconografi anonimi dei quali si ha una serie di icone ciascuno, la prima della metà del '600, la seconda della fine dello stesso secolo.
Sempre della seconda metà del '600 è la tavola illustrativa, che accomuna cinque temi iconografici distinti: è la "Epi Si cheri" del ben noto Leo Moschos, appartenente ad una famiglia di iconografi conosciuti a Venezia e nei territori veneziani.
Le icone di Mezzojuso, sia quelle ereditate da generazioni passate, che altre prodotte in tempi piu recenti, testimoniano una continuità di fede e di espressione artistica memore di antiche ed originali tradizioni figurative. La Madrice greca di San Nicolò di Mira risalente agli inizi del '500, contiene icone bizantine del XV ‑ XVI sec., oltre ad un'iconostasi con icone contemporanee provenienti dalla Grecia, dipinte da Kostas Zouvelos.
La Chiesa di S. Maria delle Grazie, concessa agli Albanesi nel sec.XV, offre la più preziosa iconostasi di tutta la Sicilia con iconi del XV‑XVI sec.
Nella chiesa di San Rocco la serie di immagini, anch'esse contemporanee, che campeggiano nell'iconostasi ed in tutta la chiesa di Fratel Pietro Vittorino sono caratterizzate da un disincantato lessico pittorico sempre più distante da ascendenze bizantine e declinato con un fare popolareggiante che rimanda a più diffuse composizioni realizzate su vetro, abbondantemente documentate nell'arte siciliana.
Il legame con il passato è anche esplicitato nel rivolgersi a tecniche artistiche di millenaria tradizione, come quella del mosaico, utilizzato per decorare la chiesa del SS. Crocifisso e realizzato da Pantaleo Giannaccari che nel suo fare artistico ricorre a quei mosaici bizantini tutt'oggi presenti in molte delle chiese normanne della nostra Isola, come il complesso ciclo musivo del Duomo di Monreale.
Mezzojuso, dunque, si pone come autorevole crogiuolo di culture artistiche che oggi, come in tempi passati oltre a produrre opere in loco, non dimentica i legami con la terra di origine da cui vengono ancora importate icone che attestano un interrotto contatto con la più aulica iconografia bizantina. QQQuesto è anche confermato dalle icone delle antiche iconostasi delle chiese della cittadina, smembrate tra la fine del XVIII e il XIX secolo, e adesso tornate ad essere l'espressione di una comunità che con un attento recupero della memoria artistica e riacquistando con rinnovato senso critico tradizioni del passato guarda al secondo millennio con immutata fede.
Tale patrimonio è stato negli ultimi tempi, sempre più, oggetto di vivo interesse e studio da parte di specialisti e studiosi ed ha costituito parte del corpus della Mostra che anni addietro si è tenuta a Palermo e che ha richiamato numeroso pubblico nonchè Delegazioni ufficiali delle varie Chiese d'Oriente. Nel 1990‑91 una Mostra d'Arte Sacra ha avuto luogo a Mezzojuso con enorme successo e di critica e di pubblico.
La Mostra delle icone organizzata dal dicembre 1995 aal febbraio 1996 a Mezzojuso, ha presentato da un lato i segni incorruttibili di un'arte e di una spiritualità indissolubilmente legate al mondo orientale che mantengono ancor oggi integre, dopo secoli, le proprie caratteristiche originali, e offerto dall'altro la possibilità di far visita a tutte le Chiese di rito greco con le loro preziose iconostasi nel più ampio contesto della realtà locale.
Come nei secoli passati cosi anche oggi a Mezzojuso non solo si praticano e si perpetuano liturgie e riti bizantini, ma si perpetuano il desiderio e la volontà di circondarsi di icone, di quelle antiche che costituiscono il patrimonio storico artistico, segno della tradizione e della fede di questa comunità greco-albanese, e pure di altre contemporanee, sia importate, sia ancora una volta prodotte in loco, che evidenziano un legame indissolubile e duraturo tra passato e presente.
Tradizione, continuità e innovazione nelle icone di Mezzojuso
Le icone di Mezzojuso, sia quelle ereditate da generazioni passate, che altre prodotte in tempi più recenti, testimoniano una continuità di fede e di espressione artistica memore di antiche ed originali tradizioni figurative.
Presupposti che sono alla base delle opere di Mezzojuso, espressioni di un'indigena temperie artistica che si manifesta soprattutto in quelle icone di scuola siculo-cretese, già analizzate da John Lindsay Opie[1]. Esse offrono la possibilità di sottolineare il legame con un'espressione di fede propria del luogo per cui sono state prodotte, caratterizzandosi con un loro stile, frutto di contatti con la cultura occidentale che oltrepassa la contaminazione, per scaturire in una sintassi pittorica propria, particolare caratteristica di quelle comunità albanesi che non vogliono troncare i legami con la tradizione, nè estraniarsi dalla realtà circostante.
Ciò è palesato nella croce dipinta attribuita al Maestro dei Ravdà della chiesa di Santa Maria di tutte le Grazie datata tra la fine del XVI e gli inizi del XVII.:"un'opera alquanto complessa, che ripete ora chiari elementi bizantini, tipici ancora della cultura delle comunità monastiche attive sul monte Athos, ora elementi caratteristici delle croci astili e dipinte occidentali, non ultimi gli esemplari diffusi in Sicilia nel XV secolo"[2]. Tale commistione è ancor più accentuata nella tavoletta di scuola cretese con il Crocifisso[3], frammento di croce dipinta della fine del XVII secolo.
E' proprio la compresenza di fonti ispiratorie diverse, che non prescindono, però, dalla ritualità che precede la realizzazione di un'icona, che caratterizza le opere di Mezzojuso, anche quelle firmate da Ioannikios o attribuite a suoi seguaci oggi divise tra la chiesa di Santa Maria di tutte le Grazie e quella di San Nicolò di Mira. Si tratta di opere, specialmente quelle di certa paternità, realizzate con un sapiente uso dei colori e che intendono veicolare una cultura figurativa propria della locale scuola siculo-cretese carica di un formulario fisiognomico distante dalle statiche realizzazioni di medievale memoria, e più carica di attegiamenti espressivi egregiamente ottenuti con un dosato uso di ombreggiature sui volti.
Un retroterra culturale, quello sin ora evidenziato, che nei secoli ha formato ed ispirato la coscienza creativa di numerosi artisti ed ancora oggi si pone come importante punto di riferimento per una continuità figurativa proposta ora con genuinità e religiosità degne di un vero iconografo, come nel caso di Fratel Pietro Vittorino, monaco basiliano presso il monastero di Grottaferrata, autore delle icone della chiesa di San Rocco, ora con semplice ripetitività formale elaborata con un personale linguaggio contemporaneo proprio di Nicolò Figlia, anch'egli, come l'artista precedentemente citato, nativo di Mezzojuso. Nella chiesa di San Rocco la serie di immagini che campeggiano nell'iconostasi di Fratel Pietro Vittorino sono caratterizzate da un disincantato lessico pittorico sempre più distante da ascendenze bizantine e declinato con un fare popolareggiante che rimanda a più diffuse composizioni realizzate su vetro, abbondantemente documentate nell'arte siciliana.
Il legame con il passato è anche esplicitato nel rivolgersi a tecniche artistiche di millenaria tradizione, come quella del mosaico, utilizzato per decorare la chiesa del SS. Crocifisso e realizzato da Pantaleo Giannaccari che nel suo fare artistico ricorre a quei mosaici bizantini tutt'oggi presenti in molte delle chiese normanne della nostra Isola, come il complesso ciclo musivo del Duomo di Monreale.
Sembra mantenersi fedele alla più "classica" tradizione iconografica è Kostas Zouvelos, attivo ad Atene ed autore delle icone che gli vengono commissionate per la chiesa di San Nicolò di Mira. In queste opere, infatti, si notano numerosi riferimenti a capolavori d'arte bizantina ormai musealizzati eseguiti sia da maestri athoniti che cretesi, testimonianza di un'intramontabile cultura figurativa sacra espressione di un Mistero rivelato.
Mezzojuso, dunque, si pone come autorevole crogiuolo di culture artistiche che oggi, come in tempi passati, oltre a produrre opere in loco, non dimentica i legami con la terra di origine da cui vengono ancora importate icone che attestano un ininterrotto contatto con la più aulica iconografia bizantina. Questo è anche confermato dalla riesumazione delle icone supestiti delle antiche iconostasi delle chiese della cittadina, smembrate tra la fine del XVIII e il XIX secolo, e adesso tornate ad essere l'espressione di una comunità che con un attento recupero della memoria artistica e riacquistando con rinnovato senso critico tradizioni del passato guarda al secondo millennio con immutata fede.
[1] cfr. J. Lindsay Opie, Le Icone di Mezzojuso, in Arte Sacra a Mezzojuso, catalogo della Mostra a cura di M.C. Di Natale, Mezzojuso 1991, pp. 29 - 62.
[2] M.C. Di Natale, Le croci dipinte in Sicilia. L'area occidentale dal XIV al XVI secolo, introduzione di Maurizio Calvesi, Palermo 1992, p. 154; si veda anche la bibliografia ivi riportata.
[3] cfr. J. Lindsay Opie, scheda n. 13, e M. C. Di Natale, Iconografia del Crocifisso a Mezzojuso, in Arte Sacra..., 1991, p. 59 e pp. 66 - 67.