Pubblichiamo un articolo di G. Chimisso apparso su "Il Diario" di Castrovillari nel N 3 del 2017 e la relativa riflessione di risposta di D. Guagliardi.
Le due gambe d'Arberia - G. Chimisso da "Il Diario" N 3 2017
Dobbiamo arrestare lo stato di fatto presente e cioè quello che definisco ‘l’etnocidio culturale silente‘ che opera a tenaglia con l’invasiva attività dei mass-media e d’altro canto con l’inarrestabile spopolamento (soprattutto dei giovani) dei paesi arberesh. E non solo... Certo, un’opera titanica ci attende; c’è lo spazio e la necessità vitale per una grande iniziativa politica nel senso più ampio e nobile del termine che sappia raccogliere il meglio tra la popolazione arbëreshë, al di là degli schieramenti, delle fedi, delle visioni della società, dei partiti e delle associazioni, ma trasversale a tutti questi. Dobbiamo costruire un progetto che sposi la salvaguardia della Cultura Arbëreshë con lo sviluppo economico dei nostri territori; insomma costruire un Progettoper una Nuova Rilindja politico-culturale che inneschi un circuito virtuoso economico: èl’unicastrada. La grande partita da giocare non è solo quella per lasalvezza dell’Arbëria, che ci interessa in primis e per la quale scrivo, ma nello stesso tempo quello del ripristino della democrazia linguistica in questo Paese che pur avendo una Costituzione democratica, la tradisce quotidianamente purtroppo da troppi decenni. Non è un caso che tutte le minoranze linguistiche (tranne le tedesche del Tirolo e quelle Patois della Valle d’Aosta, ma queste ultime tutelate solo grazie ad accordi internazionali) vivono in condizioni di inferiorità linguistica, come fossero nei fatti delle colonie interne. A questa ‘scommessa’ dobbiamo dare energia e tempo. Spero che questa ‘scommessa’ sia negli intenti di UNIARB, se non lo fosse, spero che lo sia presto. Con la costituzione di UNIARB, dopo la F.A.A. (Federazione Associazioni Arbëreshë), dell’anno scorso, abbiamo le due gambe per fare cominciare a muovere l’Arbëria, prima timidamente e poi possibilmente a farla correre; importante è che si costruiscano rapporti di collaborazione e di competitività positiva e che i due organismi non divengano, per parafrasare il Manzoni, come i due polli che appesi e legati alle zampe, si beccano a vicenda (magari per un chicco di grano)mentre vengono portati nel paiolo. Il mio auspicio è che sia UNIARB che la F.A.A. non facciano la figura dei polli, altrimenti nel paiolo ci finisce l’Arbëria.
Giuseppe Chimisso - Cittadino Onorario di Civita e Presidente Ass. Skanderbeg di Bologna
NON DUE GAMBE, MA “AGENZIE DELLA CONTINUITÀ”
Riflessione sull’articolo di Giuseppe Chimisso in “Il Diario” di Castrovillari, anno XV, n. 3, pag. 7
La storia degli Albanesi d’Italia ieri, e quella che chiamiamo Arberia o Diversità arbëreshe oggi, ci dice che le gambe che hanno sorretto la continuità linguistica della diaspora arbëreshe in Italia e ne hanno determinato la sua pro- duttività culturale sono state molte e plurivariegate nello scorrere dei decenni, soprattutto del secolo scorso. Non me ne voglia l’amico Giuseppe Chimisso se sottolineo che sarebbe un grave errore pensare di affidare la sopravvivenza della lingua albanese e la produttività culturale solo all’azione di due “gambe” quali possono essere la FAA (Federazione delle associazioni arbëreshe), di cui mi onoro di essere il presidente e il Consorzio di associazioni Uniarb di recente costituzione. Giuseppe Chimisso, ancor prima dell’articolo sul Diario, nell’ultimo nu- mero di Katundi Ynë in forma molto ragionata e ben articolata ci pone di fronte a due sfide che fanno tremare i polsi: la costruzione di un Progetto “politico”, quasi “ideologico” per allargare la consapevolezza della crisi linguistica in corso e poi la costruzione di una piattaforma programmatica, credibile e attrat- tiva. Un’attività congiunta tra riflessione culturale e politica con l’esigenza di una diffusa azione nel quotidiano arbëresh che scavalchi la generosità dei sin- goli intellettuali, o delle singole associazioni, e lavori per la costruzione unitaria di tutti i soggetti in campo. Per raccogliere la sfida di Chimisso, alla quale credo e aderisco convinta- mente, non sono sufficienti solo due gambe che non basterebbero ad aggregare il diffuso arbëresh e in breve vanificherebbero ogni generoso lavoro. Penso che più delle gambe dovremmo pensare alla ramificazione dei tanti luoghi della identità; luoghi da individuare come “Agenzie della continuità”, che nella loro orizzontalità possono essere fondamentali nel processo di costru- zione del Progetto comune. Mi scuso se non approfondisco l’argomento, ma sono queste “Agenzie della continuità”, le quali esistono già di fatto, che dob- biamo trasformare in protagonisti di azioni unitarie, indispensabili per ritro- varci tutti attorno alla difesa della lingua come bene comune. La FAA potrebbe essere una di queste, lo stesso vale per Uniarb, ma sa- rebbero, comunque, insufficienti a costruire il processo unitario. Bisogna invece riconoscere ruolo e dignità di protagonismo alle tante Agenzie che esistono e operano nel territorio da decenni. I Comuni e le amministrazioni locali quali presidio del territorio, le università, la scuola primaria, le Eparchie, la chiesa greca e le sue parrocchie, le parrocchie di rito latino sono Agenzie della conti- nuità presenti e attive. Così lo sono le associazioni arbëreshe, i centri studi, le riviste culturali, le radio o i siti web, i gruppi musicali etnici, i gruppi folklori- stici, le scuole di danza, le imprese economiche che valorizzano le specificità arbëreshe. Agenzia della continuità dovranno diventare anche i rappresentanti delle istituzioni locali, i politici. La stessa famiglia è la prima Agenzia della continuità. Tutto questo deve essere portato a sintesi e a unità d’azione. La FAA nel suo preambolo costituente ha identificato la lingua come bene comune e come risorsa economica in grado di rilanciare lo sviluppo del territorio e la difesa demografica. La lingua come grande questione democratica, esempio di seco- lare resistenza alla grande forza attrattiva della cultura napoletana prima dell’unità d’Italia e dopo di quella italiana. La lingua come strumento di rela- zioni nell’area del Mediterraneo per difendere il patrimonio di cultura immate- riale dell’Arberia. Non abbiamo tempo per beccarci come i polli di Renzo: il “nemico” avanza velocemente. Né ci fanno gola quattro chicchi di granturco: non servirebbe a nulla. La FAA è nata per avere intuito una eccezionale novità dentro l’Arberia: quella che ripudia le vecchie formule disgreganti e riafferma il principio del lavoro comune, della sintesi e dell’azione unitaria. La FAA è nata per lavorare in questa direzione e lo fa per scelta unilate- rale. Per questo obiettivo elementare chiameremo al confronto e all’unità tutte le Agenzie della continuità esistenti. Non precludiamo il dialogo a nessuno e saremo presenti agli inviti che riceveremo. Non solo: non avremo esitazione a fermarci qualora l’esigenza comune possa richiedere questo sacrificio. Quello che tutti dovrebbero capire è il pericolo della fine, come teme Chi- misso, della storia di piccolo popolo che da sei secoli è protagonista nella storia del Mezzogiorno d’Italia.
NON DUE GAMBE, MA “AGENZIE DELLA CONTINUITÀ”
Riflessione sull’articolo di Giuseppe Chimisso in “Il Diario” di Castrovillari, anno XV, n. 3, pag. 7
La storia degli Albanesi d’Italia ieri, e quella che chiamiamo Arberia o Diversità arbëreshe oggi, ci dice che le gambe che hanno sorretto la continuità linguistica della diaspora arbëreshe in Italia e ne hanno determinato la sua pro- duttività culturale sono state molte e plurivariegate nello scorrere dei decenni, soprattutto del secolo scorso. Non me ne voglia l’amico Giuseppe Chimisso se sottolineo che sarebbe un grave errore pensare di affidare la sopravvivenza della lingua albanese e la produttività culturale solo all’azione di due “gambe” quali possono essere la FAA (Federazione delle associazioni arbëreshe), di cui mi onoro di essere il presidente e il Consorzio di associazioni Uniarb di recente costituzione. Giuseppe Chimisso, ancor prima dell’articolo sul Diario, nell’ultimo nu- mero di Katundi Ynë in forma molto ragionata e ben articolata ci pone di fronte a due sfide che fanno tremare i polsi: la costruzione di un Progetto “politico”, quasi “ideologico” per allargare la consapevolezza della crisi linguistica in corso e poi la costruzione di una piattaforma programmatica, credibile e attrat- tiva. Un’attività congiunta tra riflessione culturale e politica con l’esigenza di una diffusa azione nel quotidiano arbëresh che scavalchi la generosità dei sin- goli intellettuali, o delle singole associazioni, e lavori per la costruzione unitaria di tutti i soggetti in campo. Per raccogliere la sfida di Chimisso, alla quale credo e aderisco convinta- mente, non sono sufficienti solo due gambe che non basterebbero ad aggregare il diffuso arbëresh e in breve vanificherebbero ogni generoso lavoro. Penso che più delle gambe dovremmo pensare alla ramificazione dei tanti luoghi della identità; luoghi da individuare come “Agenzie della continuità”, che nella loro orizzontalità possono essere fondamentali nel processo di costru- zione del Progetto comune. Mi scuso se non approfondisco l’argomento, ma sono queste “Agenzie della continuità”, le quali esistono già di fatto, che dob- biamo trasformare in protagonisti di azioni unitarie, indispensabili per ritro- varci tutti attorno alla difesa della lingua come bene comune. La FAA potrebbe essere una di queste, lo stesso vale per Uniarb, ma sa- rebbero, comunque, insufficienti a costruire il processo unitario. Bisogna invece riconoscere ruolo e dignità di protagonismo alle tante Agenzie che esistono e operano nel territorio da decenni. I Comuni e le amministrazioni locali quali presidio del territorio, le università, la scuola primaria, le Eparchie, la chiesa greca e le sue parrocchie, le parrocchie di rito latino sono Agenzie della conti- nuità presenti e attive. Così lo sono le associazioni arbëreshe, i centri studi, le riviste culturali, le radio o i siti web, i gruppi musicali etnici, i gruppi folklori- stici, le scuole di danza, le imprese economiche che valorizzano le specificità arbëreshe. Agenzia della continuità dovranno diventare anche i rappresentanti delle istituzioni locali, i politici. La stessa famiglia è la prima Agenzia della continuità. Tutto questo deve essere portato a sintesi e a unità d’azione. La FAA nel suo preambolo costituente ha identificato la lingua come bene comune e come risorsa economica in grado di rilanciare lo sviluppo del territorio e la difesa demografica. La lingua come grande questione democratica, esempio di seco- lare resistenza alla grande forza attrattiva della cultura napoletana prima dell’unità d’Italia e dopo di quella italiana. La lingua come strumento di rela- zioni nell’area del Mediterraneo per difendere il patrimonio di cultura immate- riale dell’Arberia. Non abbiamo tempo per beccarci come i polli di Renzo: il “nemico” avanza velocemente. Né ci fanno gola quattro chicchi di granturco: non servirebbe a nulla. La FAA è nata per avere intuito una eccezionale novità dentro l’Arberia: quella che ripudia le vecchie formule disgreganti e riafferma il principio del lavoro comune, della sintesi e dell’azione unitaria. La FAA è nata per lavorare in questa direzione e lo fa per scelta unilate- rale. Per questo obiettivo elementare chiameremo al confronto e all’unità tutte le Agenzie della continuità esistenti. Non precludiamo il dialogo a nessuno e saremo presenti agli inviti che riceveremo. Non solo: non avremo esitazione a fermarci qualora l’esigenza comune possa richiedere questo sacrificio. Quello che tutti dovrebbero capire è il pericolo della fine, come teme Chi- misso, della storia di piccolo popolo che da sei secoli è protagonista nella storia del Mezzogiorno d’Italia.
di D. Guagliardi