La giornata di oggi segna l’avvio ufficiale delle celebrazioni per il centenario dell’istituzione dell’Eparchia di Lungro. Grazie all’operato dei vescovi che l’hanno guidata, allo zelo di tanti papades e di numerosi laici arbëreshë, questa istituzione è oggi il più autorevole organismo unitario degli italo-albanesi ed è l’unica istituzione capace di proiettare con speranza nel futuro la tradizione ciquecentenaria che custodiamo.
Per comprendere il valore simbolico del traguardo celebrato oggi bisogna fare un passo indietro di cento anni. Le comunità arbëresha che erano riuscite a conservare il rito greco-bizantino erano poste sotto la giurisdizione dei vescovi latini. Dopo numerose richieste, nel 1918 la congregazione di Propaganda Fide della Santa Sede affida ad un giovane sacerdote, Giovanni Mele, l’incarico di effettuare una ricognizione delle comunità italo-albanesi di Calabria e Basilicata. Giovanni Mele aveva studiato presso il collegio greco di Roma, era laureato in Teologia e dava le garanzie necessarie per portare a termine quella che fu la prima ricognizione delle comunità di rito greco-bizantino che poi avrebbero costituito l’Eparchia. Giovanni Mele stilò una relazione dettagliata in cui venivano descritte le comunità, gli usi locali, la formazione e i libri liturgici utilizzati in ciascun paese. Quel documento fornisce una fotografia della nostra Eparchia un anno prima della sua istituzione. L’immagine è quella di comunità spesso isolate, piccoli atomi la cui capacità di sopravvivenza all’interno di diocesi latine sarebbe stata ben poca. Nell’arco di cento anni, l’unità giurisdizionale ha portato nuova linfa rinvigorendo il rito ma costituendo anche un baluardo a tutela della cultura e della lingua arbëreshe. Le chiese si sono notevolmente abbellite e le celebrazioni hanno assunto, pur nel rispetto delle tradizioni locali, un aspetto unitario. La crescente attenzione verso la formazione dei sacerdoti è oggi uno degli elementi di maggiore forza dell’istituzione Eparchiale. I papades, tutori della tradizione liturgica bizantina, operano spesso anche come promotori culturali portando il loro importante contributo in comunità sempre più piccole e con condizioni socio-economiche in continuo peggioramento.
Le celebrazioni del centenario sono importanti per ricordare quanto oggi sembra scontato ma che è stato, invece, una conquista perseguita per secoli. I cento anni trascorsi lasciano anche un importante insegnamento: solo nell’unione gli arbëreshë possono trovare una speranza per il futuro. Difficilmente comunità piccole come quelle italo-albanesi potranno affrontare da sole problemi come lo spopolamento e le difficoltà economiche congiunturali. L’Eparchia di Lungro degli italo-albanesi dell’Italia continentale è, in quest'ottica, un esempio virtuoso che, nella compiutezza degli auspici istitutivi e nell’unità operativa, si erge come faro (ahimè unico!) anche per il futuro degli arbëreshë.