Proponiano una riflessione di Ernesto Scura sulle radici arbëreshë, fonte di orgoglio per gli italo-albanesi.
Sarà certamente vero che in nessun libro di storia hai trovato che gli illiri spaziavano dalla foce del Po, lungo tutto l'Adriatico, compreso buona parte del Peloponneso fino alla riva destra del Danubio. (Perché ti sei limitato alla storia "scolastica" senza consultare la Storia di Roma antica del Nobel Theodor Mommsen). Come, sicuramente, in nessun libro di storia hai mai trovato che Diocleziano era un illiro (nella migliore delle ipotesi, dalmata), e men che meno, hai trovato che parlava il nostro albanese. Come sicuramente in nessun libro di storia hai mai trovato che Alessandro parlava l'albanese, almeno con mamma Olimpiade (e ti pare niente?), e con la nutrice, e col fratello della nutrice, amico d'infanzia, e tragico testimone e vittima di quell'amicizia, nonché compagno d'armi, e con il folto stuolo di albanesi epiroti che avevano seguito Olimpiade nella nuova reggia macedone. Ma cerca di farti una domanda: che lingua si parlava nell'attuale Nord Est, prima dell'arrivo dei Celti che tanta impronta hanno lasciato in Lombardia. O, quantomeno, che lingua vi si parlava, quando sopraggiunsero i romani? Va da sė che la storia degli illiri é troppo miscelata e spalmata con quella di altri popoli. È la fatalità di quelle popolazioni che costituirono sempre una testa di ponte tra civiltà e culture diverse (Oriente-Occidente), sacrificando sempre la propria identità per la mancanza di un alfabeto. Il più grande errore? Aver dato eccessiva importanza alla spada più che allo stilo. E non c'è da meravigliarsi se trovi troppo spesso un albanese, tra le glorie del mondo, che hanno dato gloria al mondo, nelle lingue e negli idiomi più impensati. Certo non sai che l'eroe nazionale greco, Marco Botzaris, colui che con altri arvaniti, guidò la rivoluzione che diede alla Grecia l'indipendenza dai turchi, era albanese di Suli, una città dell'Epiro, tuttora albanofona. Ma non dolertene, specie alla luce del fatto che nessun greco, oggi, sa che deve la sua indipendenza ad un folto gruppo di albanesi che di quell'epopea furono maggioranza. Ricordati, e lo sai con certezza, a scuola, noi arbëresh eravamo i più bravi in italiano, in confronto degli autoctoni. Io non so con quanta attenzione hai letto i miei articoli di Lidhja. Ma ti dice niente la mia, se pur tardiva, scoperta della matrice illirica del nome di Trieste. La mia Trieste, che tanto mi ha dato In termini di cultura mitteleuropea. E Trieste non é poi tanto lontana da Venezia e Padova. Allora non ti meravigliare se in tutto Il territorio compreso tra il Po ed il Danubio aleggiasse una certa Identità linguistica. E mi ripeto: Trieste> dal latino TERGESTE> foneticamente derivato dall'illirico (albanese) TREG-gemello del rumeno TÎRG. Di queste varianti, non una, richiama altre lingue, col significato di Mercato, Emporio. E Trieste questa caratteristica la mantiene ancora oggi. Se non ne sei convinto, pazienza, vuol dire che ti dovrò catalogare tra quegli sfrontati slavi che si sforzano, figurati, di affibbiare una matrice slava ad una così nobile città adriatica che loro, ultimi arrivati, chiamano TRST. Una sequela di consonanti, senza una vocale che ne addolcisca il suono. Loro si che hanno mille motivi per negarne la molto evidente matrice illirica.
Ernesto Scura