Carissimi,
risuona forte nel nostro cuore il grido di gioia e di esultanza: Christòs anèsti – Krishti u ngiall – Cristo è risorto.
Abbiamo celebrato in modo davvero insolito la Grande e Santa Settimana che come ha ricordato il Santo Padre ha manifestato e riassunto il messaggio del Vangelo, quello dell’amore di Dio senza limiti. E nel silenzio dei nostri paesi, ha risuonato il Vangelo di Pasqua. In Gesù risorto la vita ha vinto la morte. Questa fede pasquale nutre la nostra speranza. È la speranza di un tempo migliore, in cui essere migliori noi, finalmente liberati dal male e da questa pandemia. La nostra speranza è “affidabile”, sottolineava Benedetto XVI nella Spe salvi, perché ha l’orizzonte dell’eternità e si basa sulla fedeltà di Dio. Infatti, “il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino”.
Questa dà a noi cristiani forza e coraggio di fronte alle difficoltà, ci stimola e impegnarci per gli altri, certi dell’amore di Dio, come scrive San Paolo: “La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Romani 5,5).
Carissimi nel mese di aprile non ci siamo potuti incontrare per il ritiro del Clero, sarà così anche per il mese di maggio. Faccio mie le parole di Papa Francesco che ha pronunziato il 9 aprile u.s. durante la Santa Messa in Coena Domini: “Oggi vorrei essere vicino ai Sacerdoti…” A tutti Voi venerati confratelli nel sacerdozio “Vi porto nel mio cuore e vi porto all’altare”.Mi ha colpito una frase del Santo Padre: “Una volta, un parroco mi diceva che conosceva il nome di tutta la gente dei paesi, parroco di quattro, cinque paesini.
Davvero? Gli ho detto io. E lui mi ha detto: conosco tutti”. Allora ho pensato, da sempre tutti i nostri Sacerdoti conoscono il nome di tutta la gente del paese a loro affidato. Conoscono tutti. La vicinanza sacerdotale. Bravi, bravi sacerdoti. Di fronte all’emergenza che stiamo vivendo è il momento di stare uniti, riconoscendo l’impegno delle istituzioni ai diversi livelli. Non dimentichiamo di incoraggiarci a vicenda.
Vorrei cogliere l’occasione anche per esprimere, insieme a tutti i fedeli, il mio grazie a tutti voi venerati Sacerdoti che state dando un buon esempio di servizio e dedizione in un periodo davvero difficile per tutti. Papa Francesco ci ha invitato a pregare per i Sacerdoti che, insieme a tanti medici e infermieri, si sono ammalati e sono morti “perché erano a servizio” di quanti hanno contratto il coronavirus: “Un esempio di eroicità nello stare vicino agli ammalati”.
La Chiesa non è venuta meno, in queste settimane difficili, al suo compito: stare accanto al popolo, non facendo mancare le celebrazioni, e non facendo mancare momenti di catechesi ai grandi e ai piccoli, i nostri sacerdoti hanno cominciato a usare tutte le tecnologie possibili per far partecipare i fedeli alla Liturgia da casa, per pregare uniti ma distanti.
La decisione della Chiesa italiana di celebrare le Liturgia “a porte chiuse” è stato un atto di responsabilità e soprattutto di carità. Ritengo che il popolo non abbia percepito la lontananza della Chiesa. Con sofferenza i sacerdoti sono andati nei cimiteri per benedire le salme senza funerali e solo con i più stretti familiari. L’impossibilità di celebrare funerali “pubblici” ha creato smarrimento. Ritengo che siano importanti le esequie in Chiesa. Si sta cercando il prima possibile di tornare a pregare insieme anche per i defunti.
Abbiamo dato le disposizioni pastorali su benedizioni e amministrazione dei sacramenti, e a queste ci si deve attenere fino a quando non interverrà un ulteriore decreto, spero nei prossimi giorni.
Si sta discutendo della “fase 2” nella Chiesa italiana. Ma non immaginiamoci che tutto torni immediatamente come prima. Saremo costretti a ulteriori sacrifici: sacrifici nella liturgia, nell’evangelizzazione, nella testimonianza della carità. C’è la possibilità di riprendere a celebrare i funerali in Chiesa e l’Eucaristia insieme alla comunità. I Sacramenti fanno la Chiesa, l’Eucaristia è la fonte e il culmine. Con una serie di accorgimenti ancora da definire. La “fase 2” sarà lunga e richiederà un grandesenso di responsabilità. Quando verranno varate indicazioni precise, potremo capire come comportarci. Tuttavia è chiaro che non ci sarà permesso di avere le Chiese affollate. Occorrerà rispettare con prudenza, saggezza, e attenzione le disposizioni di
sicurezza e le regole che ci saranno. Però lo Spirito Santo non ci abbandona. Se ci ha sostenuti nel fronteggiare l’emergenza durante il suo momento più acuto, lo farà anche in seguito.
In questa situazione di emergenza sanitaria Caritas italiana è in prima linea, ha attuato un piano contro il diffondersi della pandemia e sta prestando le cure necessarie; anche la nostra Caritas diocesana è immersa in questa gara di solidarietà e di aiuti materiali e spirituali. Come Chiesa siamo chiamati a far crescere la carità concreta. La solidarietà verso tutti è imperativo evangelico; prepariamoci perché aumentano le povertà, si preannuncia travagliata la ricostruzione “post virus”.
Vorrei spendere qualche parola per ringraziare: i medici, gli infermieri e tutto il personale sanitario, i volontari, la protezione civile che giornalmente ci tiene informati sull’evoluzione della situazione, le forze dell’ordine che ci assistono e proteggono anche se talvolta costretti a intervenire per intemperanze commesse dai cittadini. Vorrei ringraziare anche la classe politica chiamata a decisioni importantissime e difficili. Il loro operato a volte può sembrare esagerato, ma è prezioso a tutela della salute dei cittadini.
La Chiesa Italiana affida l’Italia alla Vergine Maria, Madre di Dio Oggi la Chiesa italiana sosta a Caravaggio per rinnovare un affidamento di fede. Il
presidente della CEI, il cardinale Gualtiero Bassetti, ha scelto per l’atto solenne il Santuario di Caravaggio nel Bergamasco, un luogo simbolo colpito duramente dal virus. Lo fa all’inizio di un mese, maggio, che la devozione popolare declina nella preghiera a Maria Santissima. Lo fa associando all’intercessione della Vergine quella di San Giuseppe lavoratore, raccogliendo così le ansietà e le preoccupazioni di un mondo che sperimenta le incognite del futuro.
In questa tribolazione la Chiesa si affida alla Madre di Dio, chiedendo la grazia di poter – come Lei – guardare la realtà e le persone con gli occhi di Dio e ritrovare insieme la forza di ricominciare.
Invoco su di Voi e sulle Vostre Comunità la benedizione del Signore.
Lungro, 1 maggio 2020
+ Donato Oliverio, Vescovo