libro elmo 1L'ultima opera di Nando Elmo, intitolata "L'Attonito L'Angelo La Terra -Dell'Icona una Interpretazione", ha come oggetto l'arte sacra dell'icona. Il libro è ambizioso e l'autore, arbëresh ka Firmoza, affronta il tema svincolandosi da ogni possibile localismo e raffrontandosi con la migliore saggistica sull'argomento.

Lo schema del libro è semplice ed efficacie. Si presentano, nella parte iniziale, le ragioni che determinano la "morte dell'icona". L'icona, dice l'autore, è "passata dalle mani dei monaci, dalla mano degli ispirati, dalla mano degli artisti [...] alle mani dei mestieranti, dei copisti, l'icona da arte diventa mera artigianeria". Ciò che i padri conciliari riconobbero nel 787 come "ipostasi di colui che vi è inscritto" (Denzinger, Enchiridion Symbolorum et Definitionum, Würzburg, 1854) erigendola in un "centro luminoso in cui culminano tutti i dogmi" (Pavel Nikolajevic Edvokimov, Teologia della Bellezza, L'arte dell'Icona, Ed. S.P. 1990) rischia così di perdere già nell'atto della sua creazione il suo valore originario. La luce generatrice dell'icona deve nascere dalla preghiera incessante, dalla meditazione profonda e dalla comprensione di principi filosofici e teologici prima che dall'acquisizione di tecniche pittoriche o dall'applicazione di canoni figurativi. La libertà creatrice dell'artista è necessariamente vincolata a una specifica visione teologica cui la sua opera deve tendere. Al contrario, le icone "neobizantine" di oggi sono totalmente affrancate da questo paradigma creativo essendo perlopiù copie di modelli noti o loro derivazioni.
libro elmo 2Dopo averne evidenziato l'immobilismo, l'autore ripercorre l'intero processo di generazione gerarchica che è la base dell'arte sacra dell'icona. All'analisi dei fondamenti semiologici segue una breve presentazione delle principali unità significative dell'icona classica. La luce, la frontalità, gli occhi e gli altri elementi in cui si struttura l'icona sono riletti nel tentativo di identificarvi "quei significanti che levino l'icona dalla catacresizzazione, dalla rigidità, dal punto morto, dal suo essere un'arte pietrificata". In queste descrizioni si avverte con decisione la competenza pittorica dell'autore che alla presentazione degli investimenti semantici affianca esortazioni o indicazioni tecniche dirette agli iconografi. L'artista compone sulla scena dell'icona i simboli che divengono strutture "sintattiche" e delineano, sfuggendo allo spazio e al tempo, una via ascendente che conduce verso l'Invisibile. L'autore chiude il testo invocando una re-interpretazione dell'icona per riconsegnarla al suo valore originario liberandola da canoni che non possono esprimere modelli "oggettivi" del Vero. "Si tratta -scrive Elmo -di lasciare le ben Fondate Terre: della "tradizione" e del "naturale veneziano", e di rimettersi nel mare aperto dell'ascolto dello Spirito".
Questo libro di Nando Elmo è piacevolmente leggibile e offre adeguati spunti per la meditazione e per la valutazione critica delle icone contemporanee. Il valore del saggio non va certamente legato all'origine arbëreshe dell'autore ma va semmai ricercato nella sua indubbia capacità di analizzare con spirito opportunamente critico e con competenza l'origine dell'arte delle sacre icone secondo fondamenti teologici, filosofici e artistici. Tuttavia, la rilevanza di questo testo per noi arbëreshe dovrebbe necessariamente trascendere quello dell'opera stessa. Il libro, infatti, è pubblicato dopo quasi un secolo dall'istituzione della nostra Eparchia di Lungro dove, nonostante le icone siano "oggetti" diffusi, si può certamente affermare che il culto dell'Icona è ancora lontano dall'affermarsi compiutamente. La speranza è che questo libro possa essere letto da molti e che contribuisca in qualche modo a farci acquisire piena coscienza dell'importanza delle icone, chiamate "ad aprire gli occhi, a togliere il velo che li ricopre e impedisce di vedere la Pace promessa, e a risvegliare l'anelito, l'eros per la sua luce" (M. Cacciari. Tre icone, Adelphi 2010)

Ka sënduqi...

Greci“Shpëtomi Kalivet”

La posta in gioco è molto alta, nulla va sottovalutato, la parentesi storica che viviamo rappresenta per noi arbëreshë il momento cui, “fare”, significa “non morire”.
L’odierno palcoscenico rappresen

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LA LINGUA - GJUHA JONE

Domenica, Novembre 13, 2005 Luigi Boccia Grammatica 25043
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Martedì, Marzo 07, 2006 Pietro Di Marco Aspetti generali 11293
E ardhmja e natës agimi. Ti e prite. E ardhmja e agimit dita e plotë. Ti e rrove. E ardhmja e ditës mbrëmja. Ti u krodhe në të. E ardhmja e mbrëmjes...