Esistono in Italia molte comunità di origine albanese. Cavallerizzo è una di queste. Tali comunità sono nate in seguito agli spostamenti di profughi albanesi verso il Sud Italia avvenute soprattutto a partire dal XV secolo, quando cioè l’Albania subì l’invasione ottomana. In realtà sembra che nelle nostre zone non esistano paesi letteralmente fondati dagli albanesi, ma bensì essi (i profughi) si sono insediati presso siti abitati già esistenti.
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Dove i nuovi arrivati erano in minoranza sono stati assimilati, dove
invece erano maggioranza riuscirono ad imporre i loro costumi e le loro
tradizioni oltre che la loro lingua. Cavallerizzo è stata fondata
secondo alcune fonti nel 1450 secondo altre negli anni ’70 di quel
secolo. Il paese in un primo periodo si chiamava S. Giorgio in San
Marco, poi si chiamò Cavalcato in fine Cavallerizzo. I fondatori, o
meglio rifondatori di Cavallerizzo erano molto devoti al loro santo
patrono S. Giorgio Martire, costruirono in suo onore, prima una
cappella e poi una vera e propria chiesa. Dopo la metà del secolo XIX
una delegazione di cavallerizzesi si recò a Piana dei Greci, vicino a
Palermo (adesso si chiama Piana degli Albanesi) per comprare una statua
del santo patrono (che è anche patrono di Piana degli Albanesi). La
statua di oggi è verosimilmente quella. Nella plurisecolare storia di
Cavallerizzo, i suoi abitanti hanno dovuto subire più volte i danni
provocati da frane, data la natura appunto franosa del sito
(caratteristica comune a tutta la fascia pedemontana lunga 50 km sulla
quale si trova il paese). Sin dal secolo XVII si ha traccia di
documenti che testimoniano di frane avvenute più volte nel corso dei
secoli. Ma sembra che la caratteristica di queste frane sia
particolare, cioè esse provocano un movimento lento, in qualche modo
prevedibile, tanto è vero che le frane che si sono succedute non hanno
causato in alcun caso morti. Ogni volta che ci fu una frana gli
abitanti di Cavallerizzo non pensarono di spostare il paese ma, semmai
di fare opere di manutenzione a valle della frana. L’unica volta che fu
proposta la delocalizzazione del paese fu nel 1952 quando l’allora
sindaco propose di spostarlo in località Vona. Quell’unica volta che fu
proposta la delocalizzazione essa fu avanzata da una persona non di
Cavallerizzo e la proposta lungi dall’essere lungimirante fallì
miseramente. La seconda volta che è stata proposta la delocalizzazione
è stato nel 2005 ed ha invece funzionato. Per due motivi: 1° in questo
caso c’erano ingenti danni, inesistenti nel 1952; 2° perché questa
volta non c’è stata alcuna proposta ma bensì un’imposizione. Va
ricordato che nonostante gli ingenti danni, anche nel 2005 come sempre,
non ci sono stati morti e nemmeno feriti. Il soggetto che ha imposto la
delocalizzazione, la Protezione Civile Nazionale, ha deciso di
delocalizzare il paese in località Pianette di Cerzeto, nonostante
quest'area presenti un rischio idrogeologico più elevato rispetto
all'abitato di Cavallerizzo. Lo spazio su cui sorgerà il nuovo paese
sarà composto da cinque quartieri popolari di uno squallore infinito.
Lo squallore poi delle case che comporranno i quartieri sarà pari solo
allo squallore dei quartieri stessi. Tutto questo mentre il paese
storico è intatto per l’85%. Ad oggi, nuovi studi e indagini hanno
provato che, le cause scatenanti la frana, che investì l’abitato solo
nella parte sud (15% del territorio di Cavallerizzo), furono
principalmente frutto della negligenza umana. L’evento del 2005,
infatti, era conosciuto da diversi decenni, ma nessuno fino ad oggi si
è interessato di attuare un risanamento dell’area. Il disastro si
sarebbe potuto evitare con un buon piano di gestione del territorio
della parte a rischio idrogeologico. Dal 27 luglio 2007, con la nascita
dell’Associazione “Cavallerizzo Vive - Kajverici Rron”, formata da
residenti dell’antico paese, è iniziato il piano di recupero
(ambientale ed edilizio, culturale e religioso) dell'intero centro
abitato.