È altamente significativo che il nostro Papa, per il Suo primo viaggio in Europa, abbia scelto l’Albania. Egli visita questa antica e nobile Terra a distanza di 21 anni dal primo Papa che ha avuto la possibilità di potervi accedere. Papa Giovanni Paolo II, infatti, vi andò il 21 aprile del 1993 per salutare l’accesso alla libertà di un popolo martoriato che, per quasi mezzo secolo, aveva sofferto della più terribile delle sofferenze: la proibizione di Dio sotto qualsiasi forma.
Questa aberrazione disumanizzante seguiva ai cinque secoli di dominazione musulmana nel corso dei quali si era provato in ogni modo ad umiliare quella fiera gente i cui prodi antenati, dal 1444 al 1467, guidati dal valoroso Giorgio Castriota Skanderbeg, avevano bloccato il cammino delle orde islamiche verso l’Europa, libera e cristiana. Giovanni Paolo II in quella visita invocava la “rinascita spirituale dell’Albania all’insegna del dialogo ecumenico e della collaborazione interreligiosa”. Papa Francesco ha potuto constatare che quell’auspicio è stata una profezia! In Albania, infatti, dove le tenebre hanno portato ogni genere di sofferenza e innumerevoli sono stati i martiri della fede, dalle ceneri dell’ateismo, sono miracolosamente rinate le confessioni religiose e, ai nostri giorni, rendono evidente, a tutto il mondo, che non è assolutamente possibile spegnere nell’uomo l’infinita sete di Dio. E, oltretutto, tra le religioni presenti circolano armonia e rispetto vicendevole e si pratica l’aiuto fraterno sulla base della comune appartenenza all’etnia albanese. Ho avuto modo, come membro di una delegazione dell’Eparchia di Lungro, di partecipare alla prima visita ufficiale nella Terra Madre degli antenati dei nostri fedeli, nella settimana di Pasqua di quest’anno, dal 22 al 26 aprile, e ho potuto vedere con i miei occhi lo stato di queste cose e sono rimasto affascinato dal dialogo e dal rispetto vicendevole che circola tra coloro che cercano la luce di Dio.
Papa Francesco, che ha dimostrato a più riprese di credere nel dialogo interreligioso, di certo ha scelto di visitare l’Albania per lanciare, al mondo intero, da questa nobile nazione di eroi e di martiri, un messaggio di imitazione di questo meraviglioso concerto armonico, che, oggi, si ritrova solo in questo piccolo Stato, ma che potrebbe essere esportato e vissuto in ogni angolo della terra e aiuterebbe notevolmente un responsabile cammino di pace. Domenica 21 settembre, nella splendida Piazza intitolata alla figura più eccelsa del mondo albanese, la Beata Madre Teresa, alla solenne celebrazione eucaristica presieduta dal Santo Padre, papa Francesco, tra i Vescovi concelebranti c’era anche Mons. Donato Oliverio, Vescovo di Lungro degli Italo – Albanesi dell’Italia continentale. Mons. Oliverio ha reso presente la partecipazione della Diaspora italo – albanese alla gioia della Madre Patria degli antenati dei suoi fedeli. I Paesi arbëreshë dell’Eparchia di Lungro risalgono, infatti, a gruppi di profughi provenienti dall’Albania che, nei secoli dal XV al XVIII, dovettero abbandonare la Terra Madre per poter rimanere in vita, liberi e cristiani, secondo la fede ricevuta dai Padri, succhiando il latte materno.
In questi Centri, a distanza di quasi sei secoli, si parla ancora la lingua degli Avi ed è tuttora salvaguardato il patrimonio della memoria e del cuore, che costituisce un legame spirituale con l’Albania. Nel corso dei secoli, inoltre e soprattutto, la Divina Provvidenza ha disposto che in queste Comunità fosse realizzato ciò che non era possibile nella Terra degli Avi: pregare Dio, nella lingua madre e secondo le tradizioni dei Padri, perché nella terra del cuore potesse rinascere la luce che non tramonta. In Albania papa Francesco ha trovato un qualcosa che persegue nel suo cammino: armonia e rispetto tra le religioni e le propone, con la sua semplicità ed immediatezza, al mondo intero, dalla Piazza intitolata a Madre Teresa. Nei Paesi dell’Eparchia di Lungro è visibile un’altra realtà molto cara al nostro Papa, la convivenza pacifica e armoniosa, nell’unità e nella comunione, delle due grandi tradizioni ecclesiali della Chiesa: la bizantina, osservata nei Paesi arbëreshë, come patrimonio della tradizione, vissuta con pienezza nel territorio della Chiesa latina. In un piccolo e specifico territorio, la Chiesa respira già con i suoi due polmoni, vi è un incontro concreto e semplice di Oriente e Occidente, latini e bizantini, italiani e arbëreshë, nella vita quotidiana e della Chiesa, quasi come palestra di sperimentazione ecumenica, dove i fedeli non discutono teologicamente di unità ma la vivono intorno a Colui che ha chiesto al Padre che i suoi fossero “uno”.
Evidentemente è caratteristica dell’anima arbëreshe e shqipëtara essere quasi anticipatrice e realizzatrice di vie e di espressioni di cammino paci! co, portatore di segni di speranza per il perseguimento di migliori forme di vita, nel rispetto dell’uomo e dell’universo intero. E così, nell’ambito della Chiesa universale, la piccola e giovane chiesa italo-albanese, e, nel contesto delle nazioni della terra, il piccolo ma antico e glorioso popolo albanese, con il loro esempio di vita concreta, invitano persone, popoli e nazioni, a dialogare e a camminare concordi, nella unicità della via, guardando a Oriente e a Occidente, come l’aquila bicipite che recano sui rispettivi emblemi, e a volare alto, come anche papa Francesco ha fortemente richiamato, guardando in basso e contemplando quanto è bella la terra, mosaico di popoli, con diversità di tradizioni, lingue e culture, che possono e debbono essere pacificamente condivise, come un canto sinfonico, e per una ricchezza di$ usa, a beneficio di tutti i popoli della terra e a maggior gloria di Colui dal quale ogni cosa ha origine e verso il quale procede, in avanti e in alto, la nostra vita.
Protopresbitero Pietro Lanza
Protosincello dell’Eparchia di Lungro
Dalla rivisita: Parola di vita, Settembre 2014